Famiglie e taglio del cuneo, riparte il cantiere delle tasse
Si ricomincia a discutere del riordino del sistema. Cinque Stelle e Pd trattano sulle aliquote
Che fine ha fatto il cantiere della riforma fiscale? I primi di febbraio al Mef erano partiti i tavoli tecnici e politici tra le anime della maggioranza. Il premier Giuseppe Conte aveva già avviato una verifica con i capi delegazione e abbozzato una road map per mettere in fila le varie proposte. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri si era sbilanciato promettendo una legge delega da portare in Parlamento ad aprile per debuttare già nel 2021 col nuovo fisco. Poi a marzo è arrivato il Covid e le priorità sono cambiate. Adesso però il sistema fiscale italiano torna a essere oggetto di attenzioni anche all’estero: il contropiano dei quattro Paesi Ue «frugali» prevede infatti di legare i prestiti del Recovery fund a un forte impegno per le riforme nazionali, anche nel quadro fiscale.
Confronto dopo l’estate
La discussione inizia a riprendere nei Palazzi e il confronto che partirà dopo l’estate per costruire la manovra di bilancio si intreccerà al nuovo modello di tassazione. Il Pd spinge per un intervento che riduca le tasse ai redditi medio bassi per dipendenti, partite Iva e pensionati e che sia finanziato dalla lotta all’evasione e dal riordino di bonus e incentivi. Italia viva vuole rendere strutturale l’abbattimento di almeno una parte dell’Irap e cancellare sugar e plastic tax, per ora solo rinviate. Il M5S promette battaglia sulle aliquote Irpef. Una misura che mette d’accordo tutti e che potrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio prossimo riguarda la famiglia: «Sul riordino delle detrazioni e degli assegni per i figli c’è omogeneità di vedute», dice a La Stampa la sottosegretaria al Mef, ed esponente di Leu, Maria Cecilia Guerra.
Riduzione del cuneo
Semplificazione e riduzione del cuneo per lavoratori e imprese sono le direttrici da seguire per riscrivere le regole. Le simulazioni dei dirigenti del Tesoro per rimettere ordine nella giungla delle tax expenditure sono nel cassetto del ministro. L’altro aspetto su cui si gioca la partita è quello che scatena le richieste della politica, perché più spendibile in campagna elettorale: la revisione delle aliquote Irpef. La portata degli interventi è talmente ampia e complicata che certo non si può improvvisare un progetto che richiede mesi di preparazione e di dialogo anche con le categorie produttive. Centrale, come per ogni riforma, è comprendere quante siano le risorse a disposizione prima di stilare tappe e tempi di attuazione. Una mano la darà certamente l’abolizione delle clausole di salvaguardia su Iva e accise, un fardello che gravava sulle leggi di bilancio da anni. Quindi saranno i parametri europei a delimitare lo spazio finanziario: magari il vecchio patto di stabilità non verrà ripristinato integralmente, però è probabile che Roma debba concordare con Bruxelles un aggiustamento strutturale.
Dumping fiscale
Altro tema è quello del dumping fiscale all’interno della Ue, sul quale Palazzo Chigi dice di essere già al lavoro per rendere più appetibile l’ordinamento giuridico per le società, magari già con il decreto semplificazioni.Il paletto messo da Gualtieri riguarda la progressività delle imposte. L’esecutivo giallorosso non realizzerà mai la flat tax cara al centrodestra. Sulle aliquote invece il dialogo è aperto. Il Movimento 5 stelle ne ha proposte tre, collegandole al quoziente familiare: 23 per cento per i redditi da 10 mila a 28 mila euro, 37 per cento da 28 mila a 100 mila euro e 42 per cento oltre i 100 mila. Questo rispetto all’attuale schema a cinque scaglioni che va dal 23 per cento fino a 15 mila euro e sale al 43 oltre i 75 mila euro (passando per il 27, il 38 e il 41 per cento). All’opposto c’è la sinistra, la sottosegretaria Guerra insiste con il modello tedesco, che non dispiace ai dem e prevede più aliquote: «Per noi un punto essenziale è l’equità del prelievo, dobbiamo ridurre al massimo i regimi speciali e avere una progressività senza salti. Questo onere per chi ha di più deve crescere in modo lento e graduale, se ci sono poche aliquote ci sono dei salti grossi mentre noi vogliamo una progressività dolce». Guardando agli scaglioni, a via XX settembre sono attenti agli 11 punti che oggi passano tra l’aliquota al 27 per cento per i redditi fino a 28 mila euro e quella al 38 per cento per chi arriva a 55 mila euro: un’area che tocca la maggior parte dei contribuenti. Infine c’è l’ipotesi dell’aumento selettivo dell’Iva, tema delicato nella maggioranza che può tornare utile per finanziare la nuova fiscalità.
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