Grillo: Di Maio resta capo ma il M5S guardi a sinistra. Nuovo contratto a gennaio
Il garante sconfessa la linea del leader: la destra di Salvini è pericolosa
La voce di Beppe Grillo, nel momento più delicato della vita del Movimento 5 stelle, torna a scuotere il partito. Le due ore di vertice con Luigi Di Maio, accorso a Roma per provare a spiegare le sue difficoltà e ascoltare, soprattutto, quale soluzione è stata trovata per evitare che la rivolta interna lo travolga, vengono sintetizzate in un video di quattro minuti. Di fronte alla telecamera ci sono entrambi, seduti a un tavolo dell’Hotel Forum, gomito a gomito. A parlare, però, è solo Grillo. Al suo fianco, Di Maio tiene lo sguardo basso, un sorriso stirato a fatica, mentre ascolta il fondatore sferrare picconate a quella strategia della «terza via» alla quale aveva lavorato in questi mesi. L’idea del leader Di Maio di poter essere l’ago della bilancia, equidistante sia dalla destra che dalla sinistra, viene di fatto archiviata. Grillo lo riporta con la forza nel campo progressista, lontano da Matteo Salvini, e questo è il prezzo che Di Maio deve pagare per essere blindato come capo politico, seppur commissariato. Il forno leghista viene chiuso definitivamente. Per Grillo «la destra che arriva è un po’ pericolosetta»; si deve invece ridare impulso a un progetto «alto con la sinistra», lavorando ad un «nuovo contratto di governo» da varare a gennaio. Al centro tornano i temi che potrebbero accomunare Pd e M5S: ambiente, salario minimo, innovazione. Per dare respiro all’esecutivo, Grillo avrebbe preferito non correre in Emilia-Romagna, ma «avete fatto questa votazione», dice rivolgendosi agli iscritti M5S che sono stati consultati su Rousseau. «In Emilia-Romagna ci andiamo per beneficenza – prosegue il comico -. Come dai un euro a uno, per beneficenza, non puoi dare un piccolo voto anche a noi?».
La rivolta interna
Ma per costruire un’agenda con il Pd «ci vuole coraggio», prova a intervenire timidamente Di Maio, ripetendo quel che si è sentito dire dal comico nelle ultime settimane. Grillo gli ribatte secco: «Tu il coraggio ce l’hai». Ma Di Maio è assediato da mesi dai suoi stessi parlamentari che ne chiedono ormai apertamente le dimissioni. Uno scenario che terrorizza il comico, restio a prendersi carico delle beghe quotidiane del Movimento, e per questo netto nell’appello lanciato ai malpancisti: «Non possiamo continuare a fare dei post su Facebook, uno contro l’altro, tra chi si dice “questo qua va bene” e “questo non va bene”. Le situazioni devono essere chiare – prosegue indicando Di Maio -. Il referente è lui, il capo politico è lui. Io gli sarò un po’ più vicino, quindi non rompete i c...ni, fatemi la cortesia, se no ci rimettiamo tutti». In quello stare «un po’ più vicino» si racchiude il senso del depotenziamento del leader: è il ritorno nel ruolo di regista di Grillo, come gli veniva chiesto sia dall’interno del Movimento, sia dai dirigenti del Pd.
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