Crac di Banca Etruria, dichiarato inammissibile il ricorso dell'ex presidente Fornasari
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Prescrizione per Rossano Soldini ex membro del cda
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari che chiedeva una ulteriore riduzione dell'entità della pena dopo il patteggiamento a 3 anni e 4 mesi in appello, ed ha annullato senza rinvio per intervenuta prescrizione la sentenza d'appello che condannava Rossano Soldini, ex membro del cda, a 8 mesi. Annullate per lui anche le statuizioni civili.
L'udienza davanti alla suprema corte si è svolta questa mattina, 24 maggio 2024 a Roma. La Cassazione ha accolto la linea espressa dalla parte civile, con l'avvocato Lorenza Calvanese che aveva chiesto l'inammissibilità del ricorso di Fornasari. Presente all'udienza il risparmiatore simbolo della vicenda Bpel, Angelo Caramazza, che ha seguito tutte le fasi del processo senza mai saltare un passaggio.
Fornasari dovrà anche versare le spese legali della parte civile, oltre a pagare una sanzione di 3 mila euro alla cassa delle ammende.
L'ex presidente aveva già ottenuto in appello uno sconto dai 5 anni di reclusione della prima sentenza, con rito abbreviato, attraverso il patteggiamento. Identica pena per l'ex direttore generale Luca Bronchi che non ha impugnato. Fornasari aveva sollevato questioni giuridiche in quanto il patteggiamento per la bancarotta non avrebbe tenuto conto di alcuni capi di imputazione caduti.
Diversa la situazione dell'imprenditore Soldini che alla fine è riuscito a cancellare la condanna dopo aver sostenuto a più riprese le sue ragioni sottolineando anche la sua netta divergenza rispetto alle scelte del cda di Etruria.
Alla luce della sentenza in Cassazione, soddisfazione della parte civile con l'avvocato Calvanese, che ha visto riconosciuta la validità della sua tesi. Ora però l'attenzione si sposta sulla corte d'appello di Firenze che a ottobre dovrà rivalutare le trenta posizioni sulle quali il tribunale ordinario di Arezzo ha deciso tutte assoluzioni, unico condannato il finanziere Alberto Rigotti (6 anni). Per tutti gli altri secondo il tribunale aretino non ci fu vera volontà, ai vari livelli decisionali, di impoverire il patrimonio dell'istituto di credito, dilapidandolo con elargizioni palesemente senza possibilità di rientro, ma si trattò di operazioni - affidamenti per milioni - non andate a buon fine solo per mero rischio di impresa.
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