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La stangata della pasta: prezzi in aumento del 38%

Il prezzo del grano duro è aumentato del 70 per cento da giugno. Anche il pane diventa più caro

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Balzo in avanti del prezzo del grano che fa rincarare pasta, pane, farina ma anche tanti altri prodotti lavorati. Questo significa che i prezzi di molti alimenti che mettiamo ogni giorno sulle nostre tavole potrebbero presto salire alle stelle. Il rischio è di un 2022 più salato, con la paura che gli aumenti possano diventare strutturali e pesare profondamente sul budget delle famiglie.

Gli effetti già si vedono. Un chilo di pasta, che a settembre la grande distribuzione comprava a 1,10 euro, ora ne costa 1,40. E per la fine di gennaio arriverà a 1,52 euro. Un aumento del 38%. È la situazione descritta da Vincenzo Divella, amministratore delegato dell’omonimo pastificio, che non esclude altri aumenti.

Dopo anni di stallo, il mercato del grano duro sta vivendo una fiammata con i valori cresciuti del 70% da giugno a oggi. L’andamento è da ricondurre al forte sprint delle quotazioni dell’energia sui mercati globali. Gli effetti non si sono fatti attendere. In Italia i costi delle semine sono praticamente raddoppiati sull’onda della salita del 50% del prezzo del gasolio necessario alle lavorazioni dei terreni. Non c’è solo questo aspetto. Ad aumentare sono anche i costi dei mezzi agricoli, dei fitosanitari e dei fertilizzanti che arrivano anche a triplicare. L’allarme arriva da Coldiretti che evidenzia che gli effetti del balzo dei costi energetici colpisce l’intera filiera: dai campi, all’industria, fino ad arrivare agli scaffali di pasta e pane. «Nonostante questo, il grano duro italiano è pagato agli agricoltori nazionali meno di quello proveniente dall’estero che pesa per il 40% sulla produzione di pasta – dice Coldiretti –. La produzione importata in Italia, soprattutto dal Canada, è ottenuta peraltro con l’uso del diserbante chimico Glifosato in preraccolta, vietato in Italia. Un’anomalia che ha spinto il record degli acquisti di pasta con grano 100% italiano reso riconoscibile dall’obbligo di etichettatura di origine».

Il fenomeno non riguarda soltanto il nostro Paese ma è un andamento globale. Sul trend pesando diversi fattori. Oltre ai rincari dell’energia c’è anche l’aspetto degli aumenti dei consumi, in particolare in un Paese vasto come la Cina. La maggior domanda ha influenzato le quotazioni soprattutto nella fase di ripresa dei consumi. Anche i cambiamenti climatici finiscono sul conto con i raccolti in due dei maggiori Paesi esportatori, Canada e Russia, che l’anno scorso sono stati penalizzati a causa della siccità.

Che fare? «Per fermare le speculazioni a livello internazionale e garantire la disponibilità del grano – continua la Coldiretti – occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali».

Intanto gli italiani hanno già iniziato a tagliare la spesa per il cibo, con le vendite dei beni alimentari che secondo gli ultimi dati dell’Istat hanno visto un calo a novembre (-0,9% in valore e -1,2% in volume).

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
13/01/2022 14:13:45


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