Peugeot VLV, la citycar elettrica della Seconda Guerra Mondiale
Nel 1941 era in grado di portare due persone per un massimo di 80 km
Se pensate che la mobilità elettrica sia un'idea della modernità, vi sbagliate di grosso. Le auto a batteria sono nate addirittura prima di quelle con il motore a scoppio e già nel 1899 riuscivano a raggiungere i 100 km/h. Poi la storia ha preso una piega diversa, con i motori a benzina e poi i Diesel che hanno conquistato la scena della mobilità globale. Ad ogni modo, quasi tutti i costruttori si sono cimentati nelle auto elettriche nel corso della loro storia e la Peugeot non fa eccezione.
Siamo all'inizio della Seconda Guerra Mondiale e lo scenario europeo sta mutando rapidamente. Nel 1939 la Francia si trova al centro delle ostilità, ma i militari non sono esperti di automobili e inizialmente richiedono solo adattamenti ai veicoli di serie per le necessità urgenti. Le Peugeot 202 e 402 ricevono motori più potenti, alcune quattro ruote motrici ed equipaggiamenti specifici, come mitragliatrici o fari di aviazione. Le furgonette sono allestite come ambulanze a La Garenne (Parigi), ma in numero limitato, perché essenzialmente i militari hanno bisogno di autocarri.
Il mondo dell'auto, che in diverse nazioni europee si stava preparando per la motorizzazione di massa, subisce una battuta d'arresto. Quei pochi che possono ancora acquistare e utilizzare le auto si scontrano con la mancanza di benzina e con una produzione quasi azzerata, tra mancanza di materie prime e scopi militari.
Così già nel 1940 Peugeot capisce che serve una vettura sostitutiva, che richieda il minimo di lamiera e che utilizzi l’elettricità. Dopo alcuni prototipi, le prime due unità della VLV sono pronte a settembre, ma per l'omologazione definitiva bisognerà aspettare il 28 marzo del 1941. La sigla vuol dire “Voiturette Légère de Ville – piccola vettura da città”, è lunga 2,67 metri larga 1,21 m, ha due posti ed è costruita in alluminio, tanto che la massa complessiva non supera i 365 kg, incluse le batterie che sono posizionate davanti.
Il motore elettrico, invece, è dietro, sviluppa una potenza di 2 CV per un’autonomia di 80 km e una velocità massima di 32 km/h. Si tratta, insomma, di un mezzo comodo per gli spostamenti in città e in periferia, che può “raggiungere le prestazioni di un ciclista di buon livello e allenato, il tutto senza la minima fatica”, come sottolinea la stampa dell'epoca. Con queste caratteristiche la VLV diventa la vettura dei medici e degli avvocati, ma anche della Posta.
Tenuto conto delle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e degli accumulatori, il ritmo della produzione è molto caotico. Dalle officine de La Garenne usciranno 377 Peugeot VLV prima che il Comitato d’Organizzazione dell’Automobile - organismo costituito dallo Stato nel periodo Vichy - la vieti nel 1943. L'intento è quello di non permettere ai costruttori di diversificare l’attività, non tanto per logiche commerciali, ma per non limitare i mezzi industriali disponibili per il Terzo Reich.
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