Rubrica Lettere alla Redazione

Esistono i diritti degli animali ad Anghiari?

"Restiamo meravigliati di quanto le Istituzioni violano continuamente le leggi"

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Leggiamo la lettera in calce e restiamo meravigliati di quanto le Istituzioni che violano continuamente le leggi che dal 1991  tutelano gli animali d'affezione, osino spudoratamente accanirsi contro i cittadini che invece, a proprie spese, tempo, sentimenti e fatica, gli animali li accudiscono, li curano, li tutelano.

Anche se il comune di Anghiari si è dimenticato di emettere un Regolamento per la tutela degli animali,  le leggi sulle colonie feline sono chiare e vi invitiamo a leggerne la sintesi in allegato.

Non soltanto. Da tener conto anche che secondo il DPR 31 marzo 1979 e DPR 8 febbraio 1954 n. 320, il sindaco è responsabile del BENESSERE di tutti gli animali sul suo territorio, siano essi privati, pubblici, domestici o selvatici.

Noi ci aspettiamo che la LEGGE sia uguale per tutti in un Paese patria del diritto e che la tutela dei gatti, animali d'affezione, particolarmente protetti, venga rispettata.

Mariangela Corrieri
Presidente Associazione Gabbie Vuote ODV Firenze

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COLONIE FELINE  -  maggio 2020

  1. Per colonia felina si intende qualsiasi gruppo di due o più gatti che coabitano nel medesimo territorio. I luoghi più comuni dove è possibile trovare colonie sono i giardini condominiali o di ospedali, aree di verde urbano come giardinetti e parchi, costruzioni abbandonate, orti e cascinali. La legge 281/91 tutela queste colonie  vietando qualsiasi forma di maltrattamento o crudeltà nei loro confronti. Per maltrattamento si intende anche ostacolarne il nutrimento ed impedirne il riparo. E' inoltre vietato spostare le colonie feline dal loro insediamento di origine, salvo in casi eccezionali, per tutelare la sopravvivenza degli animali.
  2. Censimento e riconoscimento della colonia felina avviene da parte del comune.
  3. Il controllo delle nascite tramite sterilizzazione chirurgica è a carico del comune e della ASL.
  4. Il maltrattamento degli animali di affezione (cani e gatti) è punito anche con il carcere (legge 189).
  5. Sono colonie feline quelle costituite da gatti liberi sia che si trovino in area pubblica che in area privata.
  6. I gatti delle colonie feline sono considerati animali liberi e non randagi, comunque, le definizioni di gatti liberi e gatti randagi si equivalgono dal punto di vista giuridico.
  7. Nessuna norma nazionale stabilisce che la colonia felina debba essere composta di maschi e femmine, e neppure definisce il loro rapporto numerico (anche fossero solo maschi o solo femmine, la condizione di libertà rende i gatti/e mobili e quindi capaci di cercarsi altrove un compagno/a)
  8. I gatti possono essere alimentati con i residui e le eccedenze delle mense del territorio (Legge 179 del 31 luglio 2002 art. 23), ogni proibizione in tal senso contrasta con la norma nazionale.
  9. Relativamente alle piccole colonie stanziali nelle aree condominiali, l’art, 7 della legge 281/91 recita: “E’ vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in liberta” e allontanare un gatto, animale a cui è riconosciuto lo status di animale libero, dal proprio habitat è configurabile come un vero e proprio maltrattamento punito dal C.P.
  10. I gatti che vivono liberi, in colonie, sono tutelati. Nonostante questo, non sono pochi gli amministratori di condominio o i condomini che non li accettano nei propri cortili e giardini e minacciano allontanamenti e avvelenamenti. In tal caso è bene far affiggere dagli amministratori di condominio, negli appositi spazi, sia i testi delle leggi 281/1991 e 189/2004 sia l’art. 146 del T.U. Leggi Sanitarie (Sostanze velenose).

Legge  281/1991 stabilisce

Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo

Art. 2

Comma 2. Trattamento dei cani e di altri animali di affezione 1. Il controllo della popolazione dei cani e dei gatti mediante la limitazione delle nascite viene effettuato, tenuto conto del progresso scientifico, presso i servizi veterinari delle unità sanitarie locali. I proprietari o i detentori possono ricorrere a proprie spese agli ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle società protettrici degli animali e di privati.

Comma. 7. È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà.

Comma. 8. I gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall'autorità sanitaria competente per territorio e riammessi nel loro gruppo.

Comma 9. I gatti in libertà possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili.

Comma10. Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d'intesa con le unità sanitarie locali, avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza.

Comma 11. Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell'unità sanitaria locale.

Legge finanziaria che modifica la legge 281/91

·         Richiamata la finanziaria 2007, art 1 comma 829 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, così modificato dalla legge 24 dicembre 2007 n. 244 art. 2 comma  370, ha così sostituito l’art. 4 della legge n. 281/1991: “I comuni singoli o associati e le comunità montane provvederanno prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione. A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60% delle risorse di cui all’art. 3, comma 6. I comuni provvedono altresì al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui all’articolo 3, comma 6”. Tali piani si devono aggiungere a quelli analoghi predisposti da ogni servizio veterinario Asl di cui all’art. 2 comma 1 della legge 281/1991, ciascuno dei quali finanziato con proprie risorse.

·         A seguito del comportamento di una ASL che, non interpretando correttamente la modifica introdotta con la Legge Finanziaria, aveva di fatto sospeso le sterilizzazioni poichè riteneva - sbagliando - che l'attività da quel momento fosse demandata ai Comuni, il Ministero della Salute alla richiesta di chiarimento avanzata da un’associazione, ha emesso una nota esplicativa in data 6 marzo 2008 circa la corretta applicazione dell'art. 2 comma 1 della legge 281/91 così come modificata dalla legge finanziaria 2007. Nella nota il Ministero precisa come i Servizi Veterinari Asl debbano continuare a eseguire le sterilizzazioni previste per legge (la nazionale 281/91 art. 2 comma 1 e la relativa regionale di attuazione) a prescindere dai piani che i Comuni devono approntare e realizzare avvalendosi "sia dei Servizi veterinari pubblici che di Veterinari liberi professionisti appositamente convenzionati". Il documento infine precisa che i Piani di controllo delle nascite predisposti dai Comuni, i quali a tal fine, così come le ASL, possono avvalersi tanto dei Servizi veterinari pubblici quanto dei Veterinari liberi professionisti appositamente convenzionati, "si devono aggiungere a quelli analoghi predisposti da ogni Servizio veterinario Asl (Art. 2 della legge 281/91), ciascuno dei quali finanziato con proprie risorse". 

Istituzione dell’obbligo per i Comuni, singoli o associati, e le Comunità montane, di gestire i canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti.

Chiarimenti:

  1. I piani di sterilizzazione, ciascuno dei quali finanziato con proprie risorse,  devono essere predisposti sia dalle ASL (art.2 comma 8 legge 281/91) che dai Comuni i quali possono avvalersi sia dei Servizi veterinari pubblici che di veterinari liberi professionisti appositamente convenzionati. ( Legge Finanziaria 2008, art. 2 comma 370 - prot. 3850 del 6 mar 2008 Ministero della Salute).
  2. Nessuna norma nazionale stabilisce che la sterilizzazione debba avvenire solo su gatte in quanto i gatti non sterilizzati si spostano per cercare altrove una compagna con cui accoppiarsi e il problema delle nascite non si annulla ma semplicemente si sposta.
  3. I gatti che vivono in libertà possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili (art. 2 comma 9)

I comuni, per la collaborazione alle sterilizzazioni, si interfacciano non solo con le associazioni (a volte solo con quelle iscritte all’albo regionale) ma anche con i cittadini, gattai/e o tutori felini.

La L.R. toscana  59/2009

Norme per la gestione dell’anagrafe del cane, la tutela degli animali d’affezione e la prevenzione del randagismo

CAPO VI - Colonie di gatti e custodi delle colonie

Art. 34 - Colonie di gatti

1. Ai fini della presente legge, si definisce “colonia di gatti” un gruppo di gatti che vive in libertà, nel quale sono presenti soggetti maschi e femmine, legato stabilmente con il territorio e con l'uomo, dipendente dal punto di vista alimentare e dei rapporti sociali tra cospecifici, e che frequenta abitualmente lo stesso luogo.

2. I comuni redigono una mappa del territorio ove siano segnalate le zone abitualmente frequentate da colonie feline ed individuano, nelle aree pubbliche o aperte al pubblico, i punti idonei per lo svolgimento delle attività necessarie alla tutela delle colonie. Le colonie sono soggette a vigilanza da parte delle aziende USL.

3. I comuni provvedono al controllo della crescita della popolazione felina, con interventi di cattura e reimmissione a cura dei soggetti individuati dall’articolo 32, comma 8, ed interventi chirurgici di sterilizzazione effettuati dalle aziende USL, con oneri a carico delle aziende stesse.

4. I comuni, d'intesa con le aziende USL, possono affidare la tutela e la cura delle colonie, su richiesta, ad associazioni senza scopo di lucro aventi finalità di protezione degli animali o ai soggetti di cui all’articolo 35, sulla base di accordi che individuino il territorio abitualmente frequentato dalla colonia, le modalità per la tutela delle condizioni igieniche del territorio, le modalità per la cura e il sostentamento dei gatti, con riferimento anche all’eventuale utilizzazione dei residui e delle eccedenze derivanti dal consumo dei pasti nelle mense presenti sul territorio.

5. Le colonie feline possono essere spostate dalla zona abitualmente frequentata ad altra zona preventivamente individuata solo per gravi necessità delle colonie stesse. Lo spostamento è autorizzato dal sindaco, previo parere dell’azienda USL competente e sentita, nel caso di cui al comma 4, l’associazione incaricata della tutela e cura della colonia. Qualora lo spostamento sia dovuto ad opere edilizie, l'inizio delle opere è subordinato all'autorizzazione del sindaco allo spostamento della colonia.

Art. 35 - Custodi delle colonie di gatti

1. La Giunta regionale riconosce, anche tramite specifici interventi formativi, il ruolo delle persone che, nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti comunali, provvedono all’alimentazione ed alla cura delle colonie di gatti.

2. E’ fatto obbligo ai soggetti di cui al comma 1, di garantire la pulizia ed il decoro delle aree adibite alle attività necessarie alla tutela delle colonie.

Chiarimenti:

·         art. 34 comma 3 “I comuni provvedono al controllo della crescita della popolazione felina, con interventi di cattura e reimmissione  a cura dei soggetti individuati dall’articolo 32 comma 8, ed interventi chirurgici di sterilizzazione effettuati dalle aziende USL, con oneri a carico delle aziende stesse”  e, infine

·         art. 34 comma 5 “Le colonie feline possono essere spostate dalla zona abitualmente frequentata ad altra zona preventivamente individuata solo per gravi necessità delle colonie stesse. Lo spostamento è autorizzato dal sindaco previo parere dell’azienda USL competente e sentita, nel caso di cui al comma 4, l’associazione incaricata della tutela e cura della colonia. Qualora lo spostamento sia dovuto ad opere edilizie, l’inizio delle opere è subordinato all’autorizzazione del sindaco allo spostamento della colonia.”

·         Il trasferimento delle colonie per esigenze sanitarie non è previsto dalla legge; la L.R. toscana  59/2009 prevede il solo spostamento dalla zona abitualmente frequentata solo per gravi necessità delle colonie stesse.

·         Inoltre lo spostamento, secondo le varie sentenze, rappresenta una situazione di grande stress per un animale fortemente territoriale come il gatto.

·         Trasferire la colonia rende altissima la possibilità che i componenti si disperdano.

·         I gatti sottratti al loro habitat fanno una notevole fatica per adattarsi alla nuova situazione e sono sottoposti a sofferenze di carattere ambientale, comportamentale ed etologico.

La normativa penale a tutela della salute e del benessere degli animali è stata inasprita dall’entrata in vigore della legge 189 del 2004 che ha inserito gli artt. 544 bis (Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni) e 544 ter (Chiunque per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro) nel codice penale e ha creato nuove fattispecie di reato a danno di animali per aumentarne la loro sostanziale ed effettiva tutela.

Legge 189/2004

“Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”, come modificata dal Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 47; Legge 4 giugno 2010 n. 96, articolo 49; Legge 4 novembre 2010 n. 201.

Art. 544-bis. -(Uccisione di animali). -Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.

Art. 544-ter. -(Maltrattamento di animali). -Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro…

L'articolo 727 del codice penale è sostituito dal seguente:"Art. 727. -(Abbandono di animali). -Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze".

Giurisprudenza

Il TAR del Veneto  ha stabilito che allontanare un gatto, animale a cui è riconosciuto lo status di animale libero, dal proprio habitat è configurabile come un vero e proprio maltrattamento punito dal C.P. ed ha emesso una sentenza sull’intoccabilità dei gatti: i gatti randagi che vanno in giro per la città “non possono essere catturati” anche se a ordinarlo è il servizio veterinario della USL “in considerazione della natura di tali animali essenzialmente liberi”

Il Pretore di Siracusa ha riconosciuto recentemente con una importante sentenza che dare da mangiare ai gatti randagi “non costituisce pericolo per la salute pubblica”: cibare gli animali randagi non solo” non è vietato ma è da considerarsi un atto di civiltà”.

La sentenza n. 833 del Consiglio di Stato (sez. III - adunanza 16/09/1997) stabilisce l’illegittimità del divieto di somministrare cibo ai gatti liberi

TAR Puglia Lecce – Sez. Prima – 25 marzo 2009 -

La giurisprudenza amministrativa, in particolar modo, si è più volte espressa riguardo le c.c. “ordinanze affama randagi” sospendendole prima e annullandole poi in seguito ad appositi ricorsi. A tale fine giova ricordare la recente pronuncia del TAR Puglia che ha annullato un’ordinanza del sindaco di Brindisi relativa al divieto di somministrare cibo ad animali randagi: “il divieto può incidere sulle condizioni di sopravvivenza degli animali….la mancanza di cibo può comportare un peggioramento delle condizioni degli animali, tale da determinare una perdita dell’abitudine del contatto con le persone…”                             

Sentenza 20/12/2002 n. 43230 (e altre sentenze di pretori, tribunali e della Corte di Cassazione ribadiscono come maltrattamento significa anche la privazione del cibo sufficiente). Maltrattamento, secondo le varie sentenze, è anche lo spostamento che rappresenta una situazione di grande stress per un animale fortemente territoriale come il gatto, trasferire la colonia rende altissima la possibilità che i componenti si disperdano, i gatti sottratti al loro habitat fanno una fatica infinita per adattarsi alla nuova situazione, li espone a sofferenze di carattere ambientale, comportamentale ed etologico.

Cassazione Penale – Sezione III – Sentenza del 20 dicembre 2002 n. 43230 – Pres. Postiglione – Est. Vitalone;

Secondo la costante ed unanime giurisprudenza, la condotta concretante il maltrattamento non deve necessariamente esprime un sotteso truce compiacimento di infierire sull’animale né si richiede che da tale condotta siano scaturite lesioni alla sua integrità fisica. A consumare la previsione incriminatrice è cioè sufficiente la volontaria inflazione di inutili sofferenze, privazioni, paure od altri ingiustificati patimenti, comportamenti che offendono la sensibilità psicofisica dell’animale, quale autonomo essere vivente, capace di reagire agli stimoli del dolore, come alle attenzioni amorevoli dell’uomo, e che non possono andare esenti da sanzione. Alla loro origine non sempre si situa un atteggiamento di perversione o di abietto compiacimento, ma assai più frequentemente insensibilità ed indifferenza, ovvero incapacità di esprimersi e di rapportarsi in termini di pietà, di mitezza e di attenzione verso il mondo animale e le sue leggi biologiche, piuttosto che in termini di abuso, incuria e abbandono, pratiche decisamente estranee al costume civile, suscettibili anzi di promuovere pericolose involuzioni, abituando l’uomo all’indifferenza per il dolore altrui

Cass. pen.Sez. III – Ord. N. 1776 – Ud. 22/10/92 in c.c. Pres. Papillo – Est. Postigione

Secondo la giurisprudenza l’art. 727 prendendo in considerazione il concetto ampio di “maltrattamento”, non punisce soltanto gli atti di sevizie, torture, crudeltà, caratterizzanti il dolo ma anche quei comportamenti colposi di abbandono e incuria, che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali, quali autonomi esseri viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore, come alle attenzioni amorevoli dell’uomo. Gli animali devono essere tenuti nel rispetto delle leggi naturali e biologiche, assicurando che intorno ad essi sussistano condizioni che non superino determinati limiti o soglie del dolore. Di conseguenza la carenza di cibo, la bassa temperatura (…) possono costituire comportamenti di vero maltrattamento, sanzionato penalmente

Cass. pen. Sez. IV sent. 10820 del 18/11/75 – Pres. Leone

Secondo la giurisprudenza il reato di maltrattamento di animali può commettersi sia mediante azione (come il più delle volte avviene) sia mediante omissione (e. lasciando patire la fame e la sete agli animali).

Tribunale di Bassano del Grappa, Sent. n. 147/06 del 08/05/06 Est. Andreazza

Secondo la giurisprudenza la privazione del cibo sufficiente per una dignitosa condizione fisica (…) produce nell’animale gravi

Pretore di Amelia 7 ottobre 1987, est. Santoloci

Secondo la giurisprudenza gli animali, in quanto innegabilmente sono esseri viventi dotati di sensibilità psico-fisica, reagiscono a tutte le modifiche che si verificano attorno a loro (contatti, temperatura, odori, suoni, luci,stress, eccitazione, trattamento) positivamente entro certi limiti fisiologici. Se questi limiti (soglia) vengono superati, l’animale prova dolore e quindi reagisce in vario modo. Il maltrattamento-dolore è quindi un violazione delle leggi naturali o biologiche, fisiche e psichiche di cui l’animale è portatore. Le categorie di maltrattamenti e sevizie possono essere fisiche (violenza gratuita di ogni tipo, occasionale o abitudinaria, fame e sete (…).

Sul fronte oggettivo, l’evento tipizzato nell’art. 544 ter c.p. consiste nel “cagionare” una lesione ai danni dell’animale che, si ritiene debba essere, in conformità con il consolidato indirizzo della Suprema Corte (sent. N. 1215/1999, n. 46291/2003, n. 2774/2006) non confinato alle sole lesioni dell’integrità fisica, ma riconducibile a sofferenze di carattere ambientale, comportamentale, etologico o logistico, comunque capaci di produrre nocumento agli animali in quanto esseri senzienti.

Tribunale di Milano, sentenza n. 23693 del 30/09/2009
In sede di motivazione il Giudice di merito evidenzia alcuni principi fondamentali a tutela degli animali randagi:
la Legge 281/91 sancisce la territorialità delle colonie feline quale caratteristica etologica del gatto, riconoscendo loro la necessità  di avere un riferimento territoriale;
Il legislatore ha ritenuto che i gatti, animali sociali che si muovono liberamente su un determinato territorio radunandosi in “colonie feline”, pur vivendo in libertà, sono stanziali e frequentano abitualmente lo stesso luogo pubblico o privato, creandosi così un loro “ habitat” ovvero quel territorio o porzione di esso, pubblico privato, urbano e non, edificato e non, nel quale vivono stabilmente;

Nessuna norma di legge, né statale né regionale, proibisce di alimentare gatti randagi nel loro habitat cioè nei luoghi pubblici e privati in cui trovano rifugio. Secondo detta normativa i gatti che stazionano e/o vengono alimentati nelle zone condominiali non possono essere allontanati o catturati per nessun motivo, a meno che non si tratti di interventi sanitari o di soccorso motivati .

Redazione
© Riproduzione riservata
14/02/2023 12:12:59


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