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Nuova udienza per il caso Zaki, ma la corte punta al rinvio

Dopo due anni e mezzo continua il calvario giudiziario dello studente egiziano

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Prosegue la cattività in Egitto dell’attivista per i diritti e prigioniero politico Patrick Zaki. Questa mattina si terrà a Mansura, sul delta del Nilo, la settima udienza del processo a carico di Zaki in cui lo studente dell’Università di Bologna, dopo i 22 mesi passati in custodia cautelare fino al dicembre scorso, rischia altri cinque anni di carcere per diffusione di notizie false. Le previsioni della vigilia indicavano un lungo aggiornamento di «due o tre mesi» secondo una fonte giudiziaria, la quale ha sostenuto che il rinvio servirebbe a dar tempo di maturare «una decisione politica che congeli completamente il processo e conceda a Patrick la sua totale libertà». 

La sua avvocata principale, Hoda Nasrallah, non ha voluto rilasciare dichiarazioni e lo stesso Patrick di recente ha detto di non aspettarsi «nulla» dall’udienza odierna anche se in teoria il giudice monocratico di Mansura potrebbe assolverlo, annullare la scarcerazione o rinviare a data da destinarsi. L’ultima udienza sul caso Zaki si è tenuta lo scorso 21 giugno. L’appuntamento è come sempre davanti all’ala nuova del vecchio Palazzo di Giustizia di Mansura, la città natale di Patrick dove opera una locale Corte della Sicurezza dello Stato per i reati minori (o d’emergenza). Il tribunale lo sta processando dal 14 settembre 2021 per un articolo relativo alle discriminazioni perpetrate contro la minoranza cristiana in Egitto, dichiaratamente perseguitata dall’Isis.

Questa mattina è prevista la presenza a Mansura di una delegazione di diplomatici stranieri che, su impulso dell’Italia, seguono tutte le udienze nell’ambito di un programma di monitoraggio europeo di processi di rilievo per il rispetto dei diritti umani. L’udienza di Patrick, come già avvenuto nelle sei occasioni precedenti, dovrebbe essere inserita in una sessione di diversi processi: impossibile quindi determinarne con esattezza l’orario di svolgimento.

Zaki continua a nutrire grande affetto e gratitudine per il nostro Paese, nel quale ha studiato e continua a interessarsi della sua vicenda: «Voglio dire grazie mille a tutti gli italiani che, pur così presi dalle elezioni, non dimenticano il mio caso – ha affermato ieri il ricercatore egiziano – La scorsa settimana sono stato inondato di messaggi di sostegno e fanno una grande differenza e mi danno sempre la speranza che un giorno tornerò in Italia, a Bologna, per riprendere i miei studi».

Una fonte giudiziaria in Egitto ha affermato che «Il processo sarà rinviato a lungo, di due o tre mesi, in attesa di una decisione politica che congeli completamente il processo e conceda a Patrick la sua totale libertà».

Il calvario di Zaki inizia a febbraio del 2020 quando decide di tornare in Egitto per far visita ai suoi genitori. All’arrivo in aeroporto Zaki viene prelevato dagli agenti di sicurezza egiziani, che lo prendono in custodia. L’accusa principale è di minaccia alla sicurezza nazionale e di aver incitato illegalmente alle proteste contro il regime di Abdel Fattah al-Sisi, solo per aver scritto dei post su Facebook. La detenzione preventiva viene prolungata ogni 45 giorni in attesa della prima udienza del processo, che avviene un anno e mezzo dopo, il 14 settembre 2021. Solo dopo la terza udienza, il 7 dicembre, Patrick viene finalmente liberato, ma non può lasciare il Paese fino al termine del procedimento giudiziario, nel quale rischia una pena fino a 25 anni di carcere.

Il suo caso ha suscitato particolare scalpore e interesse perché ha squarciato il velo sulle misure illiberali portate avanti dal governo egiziano verso i propri dissidenti interni e la sua liberazione potrebbe costituire un precedente legale e simbolico per altre persone nella medesima condizione che si trovano ora detenute nel Paese africano.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
27/09/2022 20:10:42


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