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La “stagione” della Riserva Naturale del Sasso di Simone

Le stagioni elettorali sono un incentivo eccellente per risollevare i problemi

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Non capita  spesso  ma  succede che ogni tanto  rispunti la “stagione”  della Riserva  Naturale  del Sasso  di Simone. Le  stagioni elettorali  sono un  incentivo  eccellente a risollevare  il problema, soprattutto se  in Italia – peste  suina conclamata –  cresce l’attenzione sulla “saga  dei  cinghiali”: negli  ambienti  del Sasso  di Simon e del Simoncello ci  sono  da decenni , in Italia germinano, a Roma fanno paura. Al Sasso  di Simone “fanno politica”.

Ma  quello  che più vedo interessante è l’accorato  appello alla Regione Toscana -  come  si legge in un recente  articolo apparso su Saturno Notizie – per salvaguardare  dagli ungulati “la meravigliosa  Riserva  Naturale – quella  del Sasso  di Simone -   una delle aree  simbolo del patrimonio  naturalistico toscano”… “Pertanto occorre  valutare  il potenziamento delle  attività  di monitoraggio e contenimento degli ungulati all’interno della Riserva Naturale Sasso di Simone (…)  al  fine di tutelare un  agroecosistema fondamentale per il valore ambientale, le produzioni  agricole, l’indotto economico, il richiamo turistico”…Personalmente mi fa piacere leggere tante argomentazioni, che  qui  prelevo da interventi dei  consiglieri regionali G.Veneri e M. Casucci e  perché esse  furono – e  sono –alla base della costituzione della Riserva. E approfitto  della occasione per sottolineare ancora  una volta che l’area del Sasso di Simone - e pertanto la  Riserva Naturale omonima – sono un’anima fondamentale per l’intera economia delle  comunità sestinati, così  come lo sono per le confinanti comunità delle Marche e dell’ Emilia-Romagna.

Ma Sestino, oggi, è consapevole di ciò? Che  gli ungulati sono predatori dei beni  agricolo-ambientali nessuno lo mette in dubbio. Ma sui metodi – anzi, si può dire oggi - sulla stessa sostanza  degli argomenti sopra elencati - c’è  veramente  consapevolezza?

Quando,  comunque, i problemi si presentano complessi e aumentano i contrasti tra categorie o abitanti,  e  tra  gli stessi interessati come  dimostrato in un  recente incontro in comune a Sestino- occorre un processo cognitivo che  affronti palesemente i vari aspetti, che sappia ascoltare ma anche proporre. In democrazia è l’incontro, il pubblico confronto il mezzo da privilegiare.Per arrivare alla realizzazione della Riserva in questione, ci vollero decenni di studi, incontri, proposte, perché di fatto la realtà era complessa, ad iniziare dalla  presenza di un poligono militare, dall’abbandono di terre già coltivate, da una mancanza di regole nell’immettere bestiame al pascolo, dove a volte germinavano malattie  diffusive.

Lo scopo non è  mai stato quello di penalizzare gli agricoltori ma di creare le condizioni migliori anche per essi. Non si discuteva solo al bar ma in incontri regionali, nazionali e oltre, con esperti  di vario genere e rappresentanti delle categorie.

Da questi incontri è emersa -  ad esempio – la ricchezza ambientale, che connota la Riserva/Parco Interregionale, per essere zona di confine tra “macchia mediterranea e area alpina”. E anche per questo non è casuale che la prima proposta per un “parco nazionale” nasca nel 1971 e formalmente  in  un convegno a Bari nel 1973: “date  le caratteristiche di  questi boschi… si comprende bene come ne sia necessaria la conservazione, intendendola anche nel senso di oculata utilizzazione su basi ragionate e non  sui tradizionali sistemi di rapina”… “Ciò sarebbe di beneficio soprattutto per la popolazione locale, che potrebbe usufruire di un maggior richiamo turistico, oltretutto anche di un tipo di turismo più qualificato e meglio condotto che l’attuale turismo deleterio, cieco, male impostato”…

Tornando  all’oggi è bene che tutti sappiano - anche i politici che praticano la Regione Toscana - che la Regione da  anni ha dato non solo ottimi finanziamenti, a beneficio di tutte le categorie, ma anche  il “nulla osta”  ad un parco interregionale: se gli enti locali sono d’accordo. Ecco: se gli Enti locali sono d’accordo. Le  Marche e la Romagna lo hanno fatto. Non risulta che Sestino abbia espletato la pratica necessaria. E dire che entrare nel parco interregionale non costa nulla alla amministrazione comunale. Anzi: migliorerebbe la gestione anche per il contenimento degli ungulati, ci  sarebbero più risorse per interventi vari e qualche posto di lavoro in più. E sarebbe possibile studiare in continuazione le conseguenze dei cambiamenti climatici e l’erosione   calanchiva  continua, sulla  quale è necessario – e non secondario – porre attenzione, soprattutto  sul versante  sestinate.

Redazione
© Riproduzione riservata
27/05/2022 06:42:32


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