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Mondo Politica: Luciano Bacchetta presidente del consiglio comunale di Città di Castello

Protagonista assoluto da trent’anni della vita politico - amministrativa tifernate

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È tornato a ricoprire un ruolo già svolto in passato: quello di presidente del consiglio comunale di Città di Castello, ma senza dubbio nel percorso politico Luciano Bacchetta vi sono soprattutto gli undici anni, dal 2010 al 2021, vissuti da sindaco. Protagonista assoluto da trent’anni della vita politico- amministrativa, è stato anche presidente della Provincia di Perugia.

Bacchetta, Lei era già stato presidente del consiglio comunale tifernate. In questa legislatura ha dovuto finora far ricorso ai poteri conferiti al suo ruolo per gestire i lavori consiliari?

“Assolutamente no. Anzi, il nuovo consiglio comunale è stato finora molto propositivo e i protagonisti delle vecchie asperità non ci sono più. È piuttosto un’assemblea composta da molti consiglieri nuovi e questo è molto positivo nel segno del rinnovamento: vi sono tante energie fresche non condizionate dalle polemiche del passato”.

Come replica ad Andrea Lignani Marchesani, il quale di recente aveva sostenuto che Lei era stato tagliato fuori dalle decisioni che contano, quando invece pensava di poter controllare il suo “delfino” Luca Secondi?

“Confermo quanto dichiarato da Lignani Marchesani. Sono io che mi sono volutamente tenuto fuori, perché credo che vi sia e vi debba essere un sindaco alla volta. Se vi sono due sindaci, oppure un sindaco ombra dietro quello effettivo, si genera soltanto confusione. È chiaro però che sul piano politico, qualora ritenessi opportuno dire la mia, non esiterei nel farlo, dal momento che rappresento il secondo gruppo consiliare presente. Non mi hanno tenuto fuori, l’ho fatto di persona con una scelta che ritengo anche di buon gusto. Luca Secondi è un ottimo amministratore, ha compiuto un percorso sul quale ha costruito la propria esperienza ed è destinato a crescere ancora”.

Quale spiegazione dà al calo di consensi che ha subito il Partito Socialista alle ultime elezioni comunali e che è costato anche qualche seggio?

“In effetti, siamo scesi da sei a quattro consiglieri, anche se rimaniamo sempre una rappresentanza cospicua. Ripeto: a livello di numeri, siamo il secondo gruppo consiliare. È chiaro che nel 2011 e nel 2016 il ruolo di candidato sindaco del sottoscritto sia stato un valore aggiunto: ha quindi esercitato un effetto volano, poi vi sono state altre situazioni che riassumo nella sostanza, ovvero tutti sono voluti salire sul carro dei vincitori, anche quei non socialisti mossi dall’ambizione, ma poi castigati dalla loro non coerenza”.

Potrà esservi un domani la riunificazione del centrosinistra, oppure Città di Castello continuerà ad avere due schieramenti di centrosinistra?

“Questa è diventata quasi una tradizione, dai tempi di Adolfo Orsini per poi proseguire con Fernanda Cecchini. Vi sono concezioni diverse e la persistenza di ideologie veterocomuniste minoritarie, come quelle che hanno appoggiato Luciana Bassini. In quel caso, vi è stata una vera e propria chiamata alle armi dei comunisti, che però al ballottaggio non ha portato fortuna, fra i tanti che hanno disertato le urne, i pochi che hanno votato la Bassini e gli altri che hanno scelto Secondi. D’altronde, alla richiesta dei voti per uno schieramento e un candidato sindaco appoggiato anche dai comunisti il centrodestra non ha abboccato”.

Anche se non è più sindaco, si batterà fino in fondo per la realizzazione di piazza Burri?

“Certamente! E’ stato firmato un protocollo d’intesa al quale la Fondazione dovrà attenersi. Piazza Burri si deve fare perché questa era la volontà del maestro e anche la Fondazione lo sa benissimo”.

Redazione
© Riproduzione riservata
26/04/2022 07:14:03


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