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Craco, la città fantasma che affascinò Mel Gibson

Nel cuore della Basilicata c'è il piccolo borgo: un tempo luogo fiorente, oggi una città fantasma

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Il borgo abbandonato di Craco è così affascinante e rimasto identico a se stesso da molti decenni, tanto da colpire nel tempo numerosi location manager cinematografici, che lo elessero a set di vari film. Forse la più nota e internazionale, di tutte le pellicole girate in questo luogo abbandonato dagli uomini, è “La passione di Cristo" di Mel Gibson. Ma il fascino di questo borgo non è legato solo alla settima arte.

Craco ha infatti vissuto dapprima un improvviso e poi un graduale abbandono da parte della popolazione a partire dagli anni ’60 fino agli anni ’80. Gli abitanti in realtà non hanno abbandonato del tutto il paese, ma si sono spostati dal centro storico a una distante periferia, chiamata Craco Peschiera, mentre il centro è diventato soprattutto un’attrazione turistica per la sua aura di “città fantasma”.

Ma naturalmente non ci sono fantasmi a Craco, e non c’è stato nessun evento sovrannaturale a spingere verso questo progressivo abbandono. Nel 1963 una frana ha infatti compromesso per sempre la stabilità della città sull’altura, da allora circondata da calanchi. La Stampa racconta di come nel 1967 un ingegnere statunitense suggerì di realizzare alcuni terrazzamenti alberati per contrastare il declino della città: furono invece costruiti dei muri di contenimento, che iniziarono a cedere solo pochi giorni dopo la costruzione. Il resto lo fece un’alluvione nel 1972 e poi le scosse del terremoto del 1980.

Craco, la testimonianza storica di una città

“Craco - ha scritto il poeta Franco Arminio - è uno dei luoghi più intensi che si possano vedere nel Sud. Ed è quasi sempre una visione solitaria. Sei tu e il paese che non c’è più”. Prima dell’abbandono, Craco fu però un centro di interesse per il suo hinterland, dato che era dotato di una stazione, sebbene piccola, un ospedale e perfino un cinema.

Tutto questo, la storia della città, è rimasto impresso nella pietra, come quella scritta “Pane e lavoro” su un palazzo gentilizio, che serviva semplicemente ad anticipare le istanze che sarebbero state soddisfatte con la riforma agraria, in un luogo la cui economia era fondata sulla produzione del grano.

Passeggiare per le strade di Craco significa venire a contatto con una storia che risale al secolo VIII e quindi al Medioevo, quando probabilmente vi si stabilirono prima dei coloni greci e poi i bizantini. Successivamente, Craco divenne feudo e iniziò a crescere dal punto di vista economico, culturale e architettonico, con la costruzione dei primi palazzi gentilizi. E la sua storia si incrociò, alla fine del feudalesimo, con quella dei moti napoleonici, dell’Unità d’Italia, del brigantaggio.

Ma le testimonianze più emozionanti sono forse quelle che riguardano il Secolo Breve e la gente comune, nelle case di Craco che sembrano ancora aspettare il ritorno di qualcuno, nelle cucine economiche costellate di maioliche in cui il tempo si è fermato, trasformando un luogo in cui le persone vivevano, lavoravano, amavano e litigavano, in un’attrazione turistica che non si può fare a meno, per via della posizione, di scorgere da lontano. E in cui sono ormai le pietre - oltre che le guide turistiche - a parlare, a conservare memoria di una storia che fu, e a tramandarla.

Notizia e foto tratte da Il Giornale
© Riproduzione riservata
15/11/2021 20:53:47


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