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“Quella fondazione che fa tremare il Pd aretino: fine del consociativismo della sinistra aretina”

Ilaria Pugi: la sinistra cittadina è preoccupata di perdere quella storica rendita di posizione

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“Disinformazione e strumentalizzazione sono sicuramente i sottotitoli dell’ennesima protesta delle Donne Democratiche che, a dispetto del nome, di democratico dimostrano di avere ben poco. Ultimamente abbiamo assistito a manifestazioni, invero con scarso seguito, prive di contenuti costruttivi. La sintesi di queste iniziative, farcite da campagne di odio contro un progetto, quello della Fondazione che ancora deve muovere i suoi primi passi, porta a una sola verità: la sinistra cittadina è preoccupata di perdere quella storica rendita di posizione nei confronti del ‘mondo sociale’ che una volta controllava e che oggi si sta sempre più smarcando da un partito che non sa innovare e leggere i tempi.

La dimostrazione più chiara è la caduta di consenso e di tesserati del Pd. La battaglia contro ogni progetto di Fondazione appare pretestuosa, senza contenuti reali ma creata ad arte per mantenere acceso un dibattito con chi ormai ha ben poco da dire. La polemica perenne, innescata e arricchita da un terrorismo psicologico da inculcare nel pensiero di lavoratori e lavoratrici del sociale o della scuola, ha l'unica strategia di assurgersi a presunti paladini di tutto, come se l’opinione pubblica non sapesse o non ricordasse chi ha iniziato ad appaltare e smantellare i vari servizi pubblici.

Quanto intende fare l’attuale maggioranza è il contrario: il Comune non può alienare servizi alla persona inderogabili o attribuiti dalla Costituzione, ma ha il dovere in primis di prendere atto che la situazione, rispetto al passato, è in continua evoluzione, presenta esigenze nuove, necessità inedite, vista anche la crisi pandemica. Una nuova domanda, da parte dei cittadini, che pretende risposte nuove che possono solo arrivare da un diverso e più efficace sistema organizzativo, non legato a schemi vecchi di decenni e in molti casi non più attuali e dispendiosi. Vogliamo garantire assistenza maggiore alle fasce deboli, ma delineare nuovi modelli per evitare che esse aumentino.

In una società dove i padri lavorano facendo i rider fino a notte e le madri magari le commesse in un ipermercato, chi ha oggi soluzioni per l’educazione e l’assistenza ai figli? In una città dove oltre 20.000 persone hanno più di 65 anni, un Comune può ricordarsi di loro solo se hanno bisogno di assistenza o devono trovare uno spazio in una Rsa? La risposta a questi quesiti pone di per sé le basi per proporre nuove idee.

Dire no a tutto è facile, mascherare i propri problemi con finte dicerie è facilissimo. Difficile, ma non impossibile, è sviluppare invece modelli aggiornati. Migliorare può fare paura? Sì! A chi ha la percezione di perdere consenso e pezzi di un antico consociativismo, ovvero una certa parte politica che alberga nella sinistra cittadina”.

Redazione
© Riproduzione riservata
13/05/2021 10:20:11


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