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La Libia scarcera Bija, uno tra i trafficanti di uomini più pericolosi e feroci

E' considerato uno dei maggiori organizzatori del traffico di migranti nella zona di Al-Zawija

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In Libia se ne parlava già da qualche giorno, oggi è arrivata la conferma: Abd al-Rahman al-Milad, noto come Bija, è stato scagionato da ogni accusa dal procuratore generale di Tripoli ed è stato scarcerato; uscito da una prigione della capitale, sarebbe già rientrato ad Al-Zawija, la città nella quale per anni avrebbe gestito il traffico di uomini pur vestendo una divisa della Guardia costiera.

«Mancanza di prove», hanno detto le autorità libiche e, certo, come atto del nuovo governo di unità nazionale, il segnale fuori dal Paese africano non è dei migliori. O forse è uno dei prezzi da pagare per ottenere la tanto agognata pacificazione del Paese. Bija era stato arrestato lo scorso ottobre perché ritenuto tra i trafficanti più pericolosi e feroci; fu bloccato da una milizia del governo di Tripoli poco fuori la capitale, a Janzour.

L’Onu e la Corte internazionale dell’Aja lo considerano uno dei maggiori organizzatori del traffico di migranti nella zona di Al-Zawija, a ovest di Tripoli, e per questo era stato spiccato un mandato di arresto internazionale nei suoi confronti. E’ accusato di avere organizzato e gestito le connection houses dove rinchiudere i migranti per poi ammassarli sui pericolosi gommoni e far loro affrontare la traversata del Mediterraneo centrale, di fatto abbandonandoli al loro destino, compreso quello di lasciarli annegare.

Accusato di crimini contro i diritti umani, aveva continuato, indisturbato, a svolgere la sua lucrosa e spregiudicata attività, in un primo momento addirittura come ufficiale di una delle sezioni locali della cosiddetta Guardia costiera libica. Ora, con la sua scarcerazione e il suo ritorno nella sua città, Bija potrebbe riprendere in mano tutti i suoi lucrosi affari che all’epoca comprendevano anche il traffico di petrolio. Secondo fonti locali, potrebbe essere riammesso nella Guardia costiera libica e addirittura promosso di grado. Media libici riferiscono di festeggiamenti al suo rientro a Zawija. 

Il nome di Bija è diventato di pubblico dominio in Italia nel 2019, quando il quotidiano Avvenire svelò una missione in Italia di una delegazione libica, organizzata dall’Oim (l’Organizzazione per le migrazioni delle Nazioni Unite) e finanziato dall’Unione europea, alla quale partecipò lo stesso Bija.

La missione dei libici in Italia avvenne nel 2017: prima tappa il Cara di Mineo, ormai chiuso, poi Roma, con incontri alla Guardia costiera, alla Croce Rossa, al ministero della Giustizia e perfino a quello dell’Interno, secondo quanto successivamente raccontò lo stesso Bija. Le rivelazioni del quotidiano della Cei furono «commentate» dallo stesso Bija che sui social minacciò di morte sia l’autore dell’articolo, Nello Scavo, che oggi vive sotto scorta, sia altri giornalisti che si erano occupati di lui. Che poi sono gli stessi di cui si parla in questi giorni, tra coloro che sono stati intercettati dalla procura di Trapani nel 2017 nell’ambito dell’inchiesta sulla Ong tedesca Jugend Rettet e la loro nave Iuventa, pur non essendo indagati.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
12/04/2021 05:43:47


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