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Sansepolcro, "Svendere Villa Fatti è un errore" e c'è qualche interesse

Lo dice Piero Graglia, docente universitario alla Statale di Milano, che ha abitato la villa

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“Procedere alla vendita della villa nell’indifferenza generale mi pare un’enormità”. La struttura in questione è Villa Fatti, l’imponente edificio che sovrasta Sansepolcro dalla collina. Ufficialmente in vendita, con prezzo fissato a circa 7 milioni di euro. E offerte pare siano arrivate, tanto che non si escludono a breve notizie sull’avvenuto passaggio di proprietà, dalla Nestlè a mister X. C’è chi però non è convinto. Come il professor Piero Graglia, docente universitario alla Statale di Milano, storico, ricercatore e autore di libri. Soprattutto uno che Villa Fatti la conosce bene avendoci abitato a lungo a cavallo fra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. E che di cose da raccontare, compresi particolari inediti, ne ha. Con una premessa. “Questa villa” dichiara convinto “ha una storia ricchissima alle spalle, che si intreccia con quella di Sansepolcro a partire dal 1900”. La villa nasce nel 1600 con la proprietà che apparteneva ai Geddes di Filicaia, famiglia nobile fiorentina di origine scozzese. A fine ‘800 la prima svolta. “Già, nel 1894 la proprietà passa alla signora Evangelista Martini”. Un nome che trascritto così magari dice poco. Dice molto di più il suo soprannome, “L’Anghiarina”. “Una donna dal passato turbolento” precisa il professor Graglia “che a Roma aveva fatto fortuna gestendo un bordello impiantato in un palazzo cardinalizio e che proprio per questo il Vaticano aveva lautamente retribuito perché levasse le tende e scongiurasse lo scandalo. La signora si insediò nella villa con la sua numerosa servitù fino al 1902 quando morì. L’unico erede, un nipote, decise di trasferirsi a Firenze e mise in vendita l’immobile”. Che fu acquistato da Luigi Fatti, figura chiave in questa storia. “Fatti aveva fatto fortuna in Sudafrica fondando empori e pastifici. Fu il primo impiegato di Giovanni Buitoni nell’azienda di famiglia al Borgo. Acquistò la villa, la ristrutturò e legò il suo nome alla grande casa. Nel 1940 morì anche lui, colto da crisi cardiaca. Alla vigilia dell’armistizio, nel luglio del 1943, arriva alla villa Vittorio Trivella. Di origini pisane, Trivella è reduce dall’Albania, congedato per febbri reumatiche contratte durante il conflitto. Con la moglie Lidia diviene fattore della villa prendendo le redini di tutto, anche perché il vecchio amministratore, Primo Tosi, è stanco. Per 35 anni di fila Vittorio Trivella amministrerà i beni della famiglia Fatti. Da menzionare che in questo periodo, esattamente nel 1944, Villa Fatti fu sede del comando tedesco di Kesserling mentre risaliva la penisola. Nel 1954 muore la moglie di Luigi Fatti, Elisa, e il bene passa ai figli Libero e Italo, con quest’ultimo che successivamente riscatta la parte del fratello divenendone l’unico proprietario. Poi, per condizioni di salute non proprio ottimali e dopo attenta valutazione economica, nel 1972 decide di mettere in vendita le proprietà italiane di famiglia, compresa Villa Fatti. Che passa a un imprenditore del Borgo, Dino Carsughi, il quale acquista tutto l’edificio e le proprietà circostanti, compresa la casa poderale che sta all’ingresso del vialetto di accesso. Infine l’ultima fase, che per oltre due decenni ha visto protagonista la Buitoni”. “Più volte sono intervenuto con l’attuale sindaco Mauro Cornioli” conclude il professor Graglia “per caldeggiare la richiesta del Comune di una qualche azione a tutela di quel bene, fin qui senza esito. Villa Fatti rappresenta, oltre che un edificio stupendo, una sorta di memoria storica da custodire gelosamente e semmai da valorizzare a vantaggio della comunità. Venderla, anzi svenderla, mi parrebbe oggi un errore strategico anche per il futuro”.

Francesco Del Teglia

Redazione
© Riproduzione riservata
04/04/2021 16:44:35


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