Mario Draghi allontana anche Domenico Arcuri
Il posto di commissario straordinario per l'emergenza è ora di Francesco Paolo Figliuolo
Domenico Arcuri non è più il commissario straordinario per l'emergenza coronavirus. Mario Draghi, dopo aver allontanato Angelo Borrelli dalla guida della Protezione civile, ha rimosso dal suo incarico anche l'uomo più contestato degli ultimi mesi.
Al posto di Domenico Arcuri è stato nominato il Generale di Corpo d'Armata Francesco Paolo Figliuolo. Erano state tante le richieste di sollevamento dall'incarico per Arcuri, che oggi è stato convocato a Palazzo Chigi. Un incontro durato circa mezz'ora, dopo il quale l'ex commissario è uscito senza rilasciare dichiarazioni. "A Domenico Arcuri i ringraziamenti del Governo per l'impegno e lo spirito di dedizione con cui ha svolto il compito a lui affidato in un momento di particolare emergenza per il Paese", si legge nella nota di Palazzo Chigi.
Un ringraziamento formale da parte del governo nonostante le tante sbavature del lavoro svolto da Domenico Arcuri nell'ultimo anno. A lui, il 17 marzo 2020, Giuseppe Conte ha affidato l'incarico di acquistare tutto il necessario per far fronte all'emergenza coronavirus. Il Paese era già in lockdown e gli ospedali rischiavano il collasso sotto il peso dei tantissimi ingressi di infetti nei pronto soccorso, soprattutto in Lombardia. Un compito che Domenico Arcuri poteva svolgere anche in deroga alle norme. Come spiegato in un articolo del Corriere della sera a firma di Milena Gabanelli e Simona Ravizza, "iI commissario non ce la fa a soddisfare l’intero fabbisogno di guanti, camici, respiratori, gas medicali, reagenti, siringhe, letti". Spende 65,4 milioni per acquistare i guanti ma le centrali acquisti delle regioni devono spenderne 138. Per i camici, i calzari, le cuffie, le visiere e tutto il necessario per proteggere i medici sono serviti 1,4 miliardi, Arcuri ne ha spesi solo 338 milioni. "Per respiratori, monitor e letti il commissario copre il 57%, per tamponi e reagenti il 49%", scrive Milena Gabanelli.
C'è, poi, la questione mascherine. In questo caso c'è un'indagine in corso da parte della Guardia di finanza, che due settimane fa ha proceduto al sequestro di beni mobili e immobili appartenenti a otto indagati riconducibili alle aziende intermediarie che hanno curato l'acquisto dei dispositivi durante la prima ondata. 800 milioni di mascherine dalla Cina per 1,25 miliardi di euro, una commessa richiesta dalla struttura di Domenico Arcuri nel corso della prima ondata. La posizione di Domenico Arcuri è stata archiviata ma sulle aziende intermediarie prosegue l'indagine perché avrebbero lucrato milioni di euro sulle commissioni. L'intera indagine si appoggia sul rapporto che intercorrerebbe tra l'indagato Mario Benotti e Domenico Arcuri: tra i due, da gennaio a maggio 2020, ci sarebbero state quasi 1300 contatti telefonici tra messaggistica e chiamate. Tutto si interrompe di colpo il 7 maggio, quando Arcuri smette di rispondere a Benotti, che si insospettisce.
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