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Il pensiero del poeta austriaco Karl Lubomirski per la Croce del Sasso di Simone

un pensiero profondo che parla di luoghi e persone in cui la sensibilità è ancora un valore

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Karl Lubomirski, poeta austriaco, nato nel 1939 a Hall in Austria, vive dal 1962 in Italia e conosce molto bene la piccola Comunità di Sestino, luogo in cui ama ritrovarsi, insieme alla famiglia, nonché fonte di ispirazione per le sue opere e riflessioni in ambito poetico e culturale. In occasione del riposizionamento della Storica Croce del Sasso di Simone, avvenuta a dicembre dello scorso anno, ha voluto condividere con l’Amministrazione Comunale e il suo Sindaco Franco Dori, un pensiero profondo che parla di luoghi e persone in cui la sensibilità è ancora un valore, nonché forza motrice per affrontare gli eventi. Vi invitiamo a leggerlo nella speranza che susciti in voi la stessa consapevolezza e appartenenza che ha richiamato a chi vi scrive, senza dimenticare che il rispetto e l’adorazione dei luoghi in cui viviamo sono alla base dell’esistenza.

Marco Masagli

 

“La voce del luogo”

(Karl Lubomirski)

 

All’origine di queste pagine sta un evento insolito, la restituzione dopo la sua distruzione dalle intemperie di una gigantesca croce ferrea alla sua montagna nell’ Appennino toscano per la quale è stata ideata. Un’ evento insolito perché avvenne durante una Pandemia che in Italia fino ad ora ha falciato migliaia di vite, senza che si preveda, per ora, una fine della strage. Queste pagine vogliono anche sottolineare quanto insolito e audace, in un periodo come questo, è la decisione di una piccola comunità e la perseveranza del suo sindaco, per convincere le istituzioni a ripristinare un simbolo sacro per pochi in un periodo profano per tanti.

Fino qui si tratta di un fenomeno simpatico locale. Soltanto provenendo da fuori e vedendo l’avvenuto con gli occhi critici di Francoforte, NY, Londra, Parigi, Praga, Berlino, Vienna ed altri mondi europei, ci rendiamo conto a che cosa questa cittadina appenninica ha osato dare peso e valore.

Oggi viviamo un’epoca di smarrimento come pochi nella storia umana e nella quale un gesto come quello di Sestino è particolarmente consolante.

Il Sasso di Simone non è un rilievo come il Gran Sasso, o la Majella, o tanti altri. Il Sasso di Simone è sacro. E lo è da tempi immemorabili.  Che cos’è la sacralità?  Essa è una attribuzione che soltanto l’uomo può concedere, quando il sapere che si manifesta in lui è maggiore della facoltà di essere gestita razionalmente, o spiegata.  La sacralità è un sapere che non viene dalla terra. L’ uomo “la sente”.  Qualcosa dentro di lui gli dà la certezza che non si sbaglia, rispettando o venerando ciò che avverte senza avere parole per spiegarlo.

La sacralità è molto più antica della sua spiegazione. Per centinaia di migliaia di anni e prima che nascesse la scrittura, l’uomo temeva tutti i fenomeni fuori e dentro di sé, per i quali non riusciva a trovare una spiegazione.  Assieme però nascevano gli interpreti dei fenomeni naturali.  L’acutezza della loro capacità di correlare l’osservato con le sue possibili e impossibili cause, trasformava, agli occhi degli altri, questi interpreti in magi o semidei. Ricordiamo che l’osservazione del percorso degli astri e la deduzione del loro influsso sui cicli riproduttivi creò nelle diverse parti del mondo il culto, il sacerdozio. Soltanto diecimila anni fa circa una donna molto acuta in Mesopotamia scoprì e tentò una coltivazione mirata e ciclica dei cinque tipi di frumento che troviamo all’origine dell’agricoltura.

Cosa centra tutto questo con la Croce riportata sull’altura del Sasso di Simone? Sasso Simone, un singolare ricordo, un altare gigantesco di un Dio gigante dimenticato lì dai ghiacciai e dai mari primordiali che dividono non soltanto il mare Tirreno dall’Adriatico, ma anche per voler dell’uomo la Toscana, dall’Emilia Romagna e dalle Marche. Il Sasso di Simone che prende il suo nome dal dio Semo, il Dio della fedeltà, della affidabilità, anche quella coniugale e anche quella che Tacito cita. Il Sasso di Simone, il suo masso immenso, ha sempre comunicato coll’uomo e da millenni, e anche prima degli Etruschi, sarà stato luogo di venerazione. Il Sasso di Simone è sacro e di una sacralità tale che l’uomo l’avverte anche senza culto, anzi questo messaggero cosmico suggerisce il culto con il quale l’uomo lo venera nei secoli. Nessun tempio, nessuna chiesa fu tollerata dal Sasso di Simone.  Sul suo altopiano si cercò di costruire perfino una piccola città. Ma la violenza delle intemperie, le sorelle dell’Universo, hanno messo in fuga monaci e gentilizi. Il Sasso di Simone non tollera l’insediamento di presenze umane.  Neppure tre secoli avanti Cristo si osava erigere un tempio sull’altopiano, e così Il dio Semo ebbe il suo tempio a Roma, là dove sorge oggi il palazzo del Quirinale.

Non sappiamo neppure, se su un luogo di venerazione plurimillenaria si può erigere una croce. Sembra di sì, perché anche la precedente è stata tollerata per un tempo assai lungo dal Sasso.

Luoghi sacri furono da sempre riconosciuti dagli uomini su tutto il pianeta e in tutte le età e divennero soggetto dei culti che si sostituivano nei millenni. Esistono pochissime chiese nella nostra vecchia Europa che non nascono sopra dei luoghi di santuari pagani. Pur temuti per la loro potenza, questi luoghi di forza rappresentano punti di evocazione del bene e dell’aiuto. Purtroppo esistono anche forze negative, e temuti sono i posti che le ospitano.

Anche per questo motivo era tanto importante proteggere di nuovo le vallate ai piedi del Sasso di Simone con il simbolo della più grande testimonianza d’amore. Una croce gigantesca protetta dal Sasso, che a sua volta era da sempre protettore degli uomini ai suoi piedi. E tutto questo proprio ora che la nostra civiltà nel nome del progresso (verso dove?) presume di poter fare a meno del Sacro. Questo “Sacro” che è sempre stato avvertito dalla popolazione di queste terre povere e dove prima dell’editto di Costantino regnava a lungo il Genius Curiae. Una divinità talmente radicata nell’Appennino che tardò ottant’anni, prima di lasciare il suo posto al Cristianesimo, come ci testimonia l’altare della veneranda Chiesa di San Pancrazio di Sestino.

Il progresso della scienza nel ventesimo secolo ha moltiplicato infinite volte il sapere del novecento. Dagli antibiotici alla chimica, dalla fisica all’astronomia, tanto che, dai seimila astri visibili a occhio nudo, siamo passati a esplorare 187 000 anni luce della nostra galassia, che è solo una delle due Bilioni ulteriori galassie. Il nostro sapere si estende su tutti i campi, eppure la natura si riserva il segreto più arcano, il perché.

Volevamo un uomo più felice, più libero, dimenticando che l’uomo di oggi è il prodotto della paura di ieri. Oggi constatiamo che l’estensione del sapere copre più che altro il mondo che ci circonda liberandoci da quasi tutti i nemici non umani. Ma il nostro mondo interiore non è cresciuto, e perfino di fronte alle leggi dai noi scoperte, troviamo delle contraddizioni apparentemente insuperabili. Per esempio sappiamo che l’universo si espande, ma non sappiamo perché aumenta la sua velocità.

Per i conflitti umani ormai esistono armi nucleari per le quali i potenti della terra vanno orgogliosi e che garantiscono l’estinzione di ogni vita sul pianeta più di mille volte. All’uomo singolo ora ci pensa il microcosmo, come ci insegna una prova generale alla quale assistiamo col virus. Il pensiero dell’uomo va in infinite direzioni poco gratificanti, perché mirano a premiare ancora oggi l’ora, il giorno, l’adesso.

Riportare un Crocifisso monumentale sulla vetta più esposta di un dorso appenninico è un atto di grande coraggio.

Per alcuni “moderni” questo atto che non “rende” in denaro, forse non si giustifica, non serve, ed è un assurdo gesto di devozione, anche se oggi le più grandi menti contemporanei hanno da tempo cambiato il loro punto di vista a riguardo delle religioni. “L’Intellighenzia”, per alcuni, non deve superare le facoltà umane assistite tecnicamente.  Anche questo “Credo” sta cambiando.

Un inizio di “neo spiritualità” si deve forse a coloro che, senza cercarla, si sono inoltrati in altri mondi, da quando una tecnologia che ci sembra sfuggita di mano lo ha permesso. Oggi non conosciamo un’intelligenza in grado di trasformare veramente il mondo, che escluda come ancora pochi decenni fa ciò che per millenni fu chiamato Dio, o “principio positivo”.  Davanti a delle scoperte inaudite in ogni disciplina delle scienze e dello spazio stesso, l’uomo non è tanto cambiato o maturato, è soltanto un po’ meno sicuro che tutto ciò nel quale credette fino a poco tempo fa fosse il tutto. Ed è questo dubbio che significa la vera crescita mentale. L’ uomo dinnanzi alle catastrofi di cui è l’origine, si riconosce non più padrone ma parte del creato. Mentre finora la sua mente gli dettava di realizzare il realizzabile, oggi glielo sconsiglia la pietà col pianeta.  

Attraverso questo spalto d’apertura nella porta di una pseudo sicurezza, entra una cosa più grande, più consolante che giustifica la frase di Properzio “Letum non omnia finit” (La morte non è la fine di tutto).

Dove era entrato soltanto il nostro mondo, ora può entrare il cosmo, ossia l’universo stesso che comprende anche l’inspiegabile.  E dell’immenso ignoto fa parte anche un amore per noi umani, del quale, il simbolo, è il crocifisso.

Redazione
© Riproduzione riservata
25/02/2021 11:23:02


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