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La Finanza dal cognato di Fontana. Sequestrati i camici dello scandalo

La Procura: ingenti movimenti sui conti svizzeri

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Cercavano gli oltre 25 mila camici mancanti e li hanno trovati. Il blitz dei finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria è stato ordinato dalla procura di Milano nel tardo pomeriggio di ieri alla ricerca dei camici commissionati a Dama, l’azienda di Andrea Dini, il cognato del governatore Attilio Fontana, e mai consegnati alla Regione Lombardia. Con un decreto di perquisizione e sequestro firmato dai pm Furno, Scalas e Filippini, gli investigatori sono andati a Varese, nella sede della società. Erano a caccia dell’«oggetto dell’inadempienza del contratto»: quel materiale mai consegnato alla centrale unica degli acquisti della Regione, e di cui gli ospedali lombardi il 20 maggio scorso avevano un disperato bisogno. Su quel materiale si gioca l’accusa principale che i magistrati ipotizzano contro Fontana, Dini, l’allora dg di Aria, Filippo Bongiovanni, e la sua numero due, Carmen Schweigl. Ossia la frode nelle pubbliche forniture.

I camici sono stati trovati e messi sotto sequestro e questo – per i pm – rafforza l’accusa contro i tre indagati. Perché, il 20 maggio, quando, su richiesta di Fontana, Dini ha comunicato ad Aria che la fornitura si sarebbe trasformata in una donazione (mai formalmente conclusa, anzi di rigettata dall’ufficio legale della partecipata lombarda) aveva consegnato poco meno di 50 mila dei 75 mila camici inizialmente pattuiti. E a quel punto, davanti al fatto che avrebbe perso i soldi dell’intera commessa, ha deciso di trattenere nei suoi magazzini gli oltre 25 mila pezzi mancanti, per provare a venderli a una Rsa varesina e a un prezzo più alto (da 6 a 9 euro).

Il sequestro, quindi, rafforza l’accusa mossa agli indagati. I finanzieri hanno sequestrato anche altro materiale e documentazione. Nel frattempo, in queste frenetiche giornate di indagine al quarto piano del palazzo di Giustizia, i magistrati stanno passando al setaccio tutte le movimentazioni sui conti svizzeri che Fontana ha ereditato alla morte della madre e che ha «scudato» nel 2015. Qualcosa non torna. Gli atti nelle mani degli investigatori smentirebbero la versione del governatore che, intervistato, ha dichiarato: «Quei conti non erano operativi da decine di anni»

In realtà, sembrerebbe che tra il 2009 e il 2013 alcune movimentazioni, anche di centinaia di migliaia di euro, ci siano state. Ma per saperne di più gli inquirenti puntano a una rogatoria in Svizzera. E, stando agli esiti dei primi accertamenti, non sarebbe vero neppure che i genitori di Fontana non evadessero le tasse: nel fascicolo della procedura di «voluntary disclosure» avviata nel 2015, che i pm hanno acquisito dall’Agenzia delle Entrate, si parlerebbe infatti in maniera esplicita di «Mancato assolvimento degli obblighi di monitoraggio fiscale». 

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
29/07/2020 21:13:29


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