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Taglio alle pensioni nel 2021-22: più di 900 euro in meno rispetto a 10 anni fa

Con l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione la pensione si abbassa ancora

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Non sono buone le notizie per gli aspiranti pensionati collocabili in quiescenza dal 1 gennaio 2021. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (147/2020) dei nuovi coefficienti di trasformazione confermano - come fa notare Money.it - che gli assegni sono destinati a calare ancora una volta d’importo. Continua cioè il trend negativo iniziato una decina di anni fa e mai arrestatosi. Se poi aggiungiamo che la crisi economica da coronavirus potrebbe contribuire ad abbassare ulteriormente gli importi il quadro non è certo esaltante.

Il coefficiente di trasformazione viene applicato rispetto alla quota di contributi maturata dopo il 1 gennaio 1996, o il 1° gennaio 2012 per coloro che entro il 31 dicembre 1995 hanno maturato 18 anni di contribuzione, al fine di calcolare la pensione. La legge Fornero aveva introdotto, per altro, un meccanismo per premiare i lavoratori che scelgono di restare al lavoro più a lungo: più alta è l’età e maggiore risulta il coefficiente di trasformazione applicato.

La revisione dei coefficienti

Comunque sia la quinta revisione di tali coefficienti, valevole per il 2021/2022 è negativa. Come le altre 4 del resto. E come stiano andando le cose da un po' di tempo a questa parte si evince perfettamente dalla tabella pubblicata da PensioniOggi.it.

Perché le pensioni diventano più basse

Chi andrà in pensione entro i prossimi due anni riceverà dunque una pensione più bassa rispetto a chi ci andrà entro il 2020. Una differenza minima, in realtà. Tuttavia se prendiamo in considerazione l’andamento a partire dal 2009 possiamo verificare che l’assegno pensionistico annuo ha subito, da allora, un significativo taglio del 12%.

Per guadagnare la stessa cifra di allora occorre perciò restare al lavoro per più anni in modo da vedersi applicare un coefficiente di trasformazione maggiore. Il massimo lo possono in tal modo godere coloro che restano al lavoro fino a 71 anni. Una vita insomma, con il diritto al pensionamento che si allontana sempre di più.

L'esempio di Italia Oggi

Di recente - come ricorda ancora Money.it - Italia Oggi ha fatto un esempio illuminante, prendendo in considerazione la pensione annua su un montante contributivo di 100.000 euro per una persona che voglia smettere di lavorare a  65 anni.

Seguendo la simulazione, se quel lavoratore fosse andato in pensione nel 2009, avrebbe avuto diritto a un trattamento di 6.136 euro. Se l’avesse fatto nel 2010-2012 l’importo sarebbe invece sceso a 5.620 euro. Quindi 516 euro all’anno in meno rispetto al precedente periodo. Se fosse andato nel triennio 2013-2015 avrebbe preso ancora meno (185 euro in meno) rispetto al 2010-2012.

E così via, di male in peggio. Nel 2016-2018 avrebbe avuto 5.326 euro (109 euro in meno sul precedente periodo). Ovvero 810 euro in meno rispetto al 2009. E nell’ultimo periodo, 2019-2020, avrebbe preso altri 81 euro in meno sul periodo immediatamente precedente.

Nel biennio 2021-2022 il detrimento sarà meno pesante (25 euro) ma tenendo conto di tutto il decennio circa considerato, si parla di un taglio, rispetto a quanto accadeva nel 2009, di 916 euro. Mica bruscolini, insomma.

 

Notizia e Foto tratte da Tiscali
© Riproduzione riservata
21/06/2020 12:33:12


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