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Coronavirus, chiesti al Nord in 10 settimane il 90% dei certificati di malattia Inps

Fa eccezione solo il veneto: 7% in più

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Tra il 2 febbraio e l'11 aprile, su un totale di 823.000 certificati di malattia presentati all'Inps, circa il 90% arriva dalle regioni settentrionali (731.000 in tutto), e più della metà di questi (423.000) sono pervenuti dalla Lombardia. Lo riferisce l'Inps, secondo cui seguono l'Emilia Romagna e il Piemonte con oltre 100.000 certificati in più rispetto a quelli registrati nello stesso periodo dell'anno precedente.

La settimana in cui è iniziato il lockdown - cioè quella che va dall'8 al 14 marzo – è quella che presenta le variazioni maggiori rispetto alla baseline costituita dal 2019: a fronte di un incremento medio nazionale nel 2020 superiore al doppio (110%), per la Lombardia tale variazione arriva al 176% e rimane sopra al doppio anche nella settimana successiva (+124%). Un andamento simile si registra anche in Piemonte, seppur più attenuato (+136% e 101%) e in Liguria, Valle d'Aosta ed Emilia-Romagna.

Tra le regioni non appartenenti all'area Nord si registra il raddoppio del numero di certificati presentati nella settimana di inizio del lockdown nelle Marche (+127%), in Abruzzo (+124%), in Toscana (+115%) e in Umbria (+102%), se si osserva tuttavia la variazione complessiva nelle 10 settimane, l'incremento rispetto al dato corrispondente del 2019 in queste regioni non supera mai il 20% (attestandosi addirittura su valori negativi in Calabria ed in Sicilia); ciò a differenza delle regioni del Nord dove tale variazione presenta un valore minimo generalmente intorno al 20%, con una punta del +38% in Lombardia.

Fa eccezione il Veneto per il quale la variazione nel numero complessivo di certificati presentati nelle 10 settimane osservate nel 2020 rispetto al 2019 è pari solo al 7%. Le province che presentano la variazione più elevata sono nell'ordine Bergamo (+106%), Piacenza (+75%), Cremona (+66%) e Brescia (+60%), mentre c'è Cosenza che registra la variazione più bassa (-13%) ed altre 14 province del Centro Sud che nel complesso delle 10 settimane registrano oscillazioni negative: chiude la serie delle variazioni negative la Capitale per la quale il numero di certificati presentati nei due periodi osservati risultano nel complesso quasi uguali (-0,07%). Con riferimento ai due settori di provenienza dei lavoratori, l'Inps osserva nel prospetto seguente, che le regioni con un maggior numero di certificazioni nelle 10 settimane osservate nel 2020, risultano quelle con la maggiore componente privata: l'epidemia infatti ha colpito maggiormente le regioni settentrionali notoriamente a più alto tasso di industrializzazione e quindi con una componente preponderante di lavoratori nel settore privato.

L'Inps fa poi notare che mentre nel settore pubblico in gran parte delle regioni la variazione complessiva nelle 10 settimane osservate nel 2020 rispetto al dato 2019 risulta negativa, nelle regioni maggiormente colpite dell'epidemia tale percentuale di variazione rimane comunque positiva. Tale circostanza porterebbe ad ipotizzare che in periodo di lockdown, quando gran parte dei dipendenti pubblici ha svolto smart working, siano stati richiesti ai medici curanti da parte di questa categoria di lavoratori quasi esclusivamente i certificati riferibili al Covid 19, mentre per le malattie ordinarie non si sia prodotta alcuna certificazione, al fine di evitare la penalizzazione retributiva prevista in caso di assenza per malattia.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
19/05/2020 14:10:14


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