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La sfida di Macron: “Qui non c’è spazio per l’Islam politico” ​​​​​​​

Stop a religiosi formati all’estero e ingerenze straniere

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Basta con gli insegnanti di lingue straniere, attivi nelle scuole pubbliche, inviati da altri Paesi, ma senza alcun controllo da parte dello Stato francese, vettori possibili di messaggi contrari alla convivenza civile e religiosa. E basta anche con gli imam formati all’estero, liberi di predicare, pure l’intolleranza: in futuro saranno preparati direttamente in Francia e qui «certificati». Emmanuel Macron di rado va nelle banlieue, ma ieri ne ha scelta una tosta e problematica, il quartiere di Bourtzwiller, alle porte di Mulhouse, nel Sud dell’Alsazia, per puntare il dito contro il «separatismo islamista», la volontà di certi musulmani di «uscire dalla nostra Repubblica», e ribadendo che in Francia «non si può fare dell’islam un progetto politico». Per diverse ore ha camminato in quella periferia, mentre alcuni giovani gli rinfacciavano la stigmatizzazione frutto della scelta del loro quartiere per annunciare le sue misure. Macron ha fatto notare che «la negazione che ci siano dei problemi non porta da nessuna parte». Spesso in Francia si parla di «comunitarismo» per indicare l’influenza soffocante di una comunità, in genere islamica, su determinate aree, dove diventa una sorta di Stato nello Stato. Il presidente ha detto di preferire l’accezione di «separatismo», perché «è giusto che le comunità, in base alla loro provenienza o culto, si organizzino, purché si aggiungano alla Repubblica ma non vi si sottraggano». «Ad esempio – ha precisato -, un uomo non può rifiutare di stringere la mano a una donna in nome della sua religione». Poi è passato alle misure concrete. L’obiettivo è soprattutto limitare l’ingerenza straniera attraverso lo strapotere di queste comunità. Dal 1977 Parigi ha introdotto all’interno delle scuole pubbliche un sistema d’insegnamento delle lingue e delle culture di nove Paesi, da cui più forte è stata l’emigrazione verso la Francia (c’è anche l’Italia). I docenti vengono formati e inviati dai singoli Stati «e qualche volta non conoscono neanche il francese». Dal prossimo anno scolastico saranno invece obbligati a parlarlo «e il nostro Stato potrà controllarli e controllare i programmi svolti». Macron ha detto che da mesi è in corso un negoziato con i Paesi interessati « e tutti hanno accettato, anche l’Algeria, la Tunisia e il Marocco, ma non la Turchia», che da tempo è nell’occhio del ciclone, accusata di inviare professori a propagare il verbo di Erdogan. Se un accordo non sarà raggiunto, verranno utilizzati professori di turco scelti dalla Francia. Quanto agli imam mandati da Paesi stranieri (300 permanenti, in particolare da Algeria, Marocco e Turchia), il flusso sarà interrotto progressivamente e si bloccherà subito l’arrivo di altri 300 predicatori ogni anno per il Ramadan. In futuro sarà il Consiglio francese del culto musulmano a formare gli imam e a certificarli. 

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
19/02/2020 08:50:55


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