Opinionisti Alessandro Ruzzi

Dottore qui, dottore là

Merito, competenza, ignoranza

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Nelle ultime settimane alcuni approfondimenti mi hanno portato a ritenere come in Italia il possesso di competenze (attraverso la formazione accademica) rappresenti solo in casi fortuiti il biglietto d'accesso ad una soddisfacente e remunerativa condizione professionale.

Quelli bravi e competenti trovano molto spesso le porte sbarrate e "finiscono" per emigrare, col risultato che in Italia restano quelli che si fanno chiamare dottore, ma che hanno meno competenze o sono più ignoranti (in questo Oxfam ci dice che ad Arezzo andiamo forte visto che la percentuale di abbandono alle superiori è mediamente al 20%, il doppio del dato regionale, e diventa il doppio del doppio nel caso di giovani di origine straniera dove l'abbandono è attestato al 40%).

Come funziona il meccanismo lo spiegava la trasmissione Report che sottolineava come le università telematiche si prestino in troppi casi a erogare titoli sostenuti da una formazione lacunosa.

Gran parte del servizio ha focalizzato sulla università telematica Cusano, attiva nella zona di Roma per quanto riguarda la struttura scolastica, ma fortissima nella erogazione di nozioni a distanza; un giocattolo che nelle parole del suo boss (Bandecchi, assurto alle cronache nazionali in virtù delle sue conferenze stampa quale presidente della società calcistica di Terni e che tramite questa notorietà ha vinto le elezioni a sindaco della cittadina umbra) varrebbe 2 miliardi di euro anche in virtù dei 45.000 studenti che dichiara frequentare i propri corsi.

Del resto pochi mesi fa l'università telematica Pegaso è passata di mano per una cifra intorno al miliardo di euro, indicazioni che fanno comprendere quale sia l'interesse intorno ad un business che sfrutta l'esenzione dalle tasse per i proventi da quote di iscrizione degli studenti.

Questo beneficio viene concesso agli istituti di istruzione universitaria che svolgono in maniera completa la propria mission (ricerca, didattica, disseminazione delle conoscenze e il loro impiego sinergico): non istintivo vedere il legame fra la gestione di questi asset ed il beneficio fiscale, tant'è vero che in Italia dal 2011 non possono essere create nuove università telematiche. Perché ve ne sono alcune che paiono molto più specializzate nel far apprendere agli studenti il numero di conto corrente dove versare le quote d'iscrizione che a perfezionarne l'educazione, visto che vi sarebbero casi di iscritti che ottengono in breve tempo un titolo di nessuna utilità nella vita reale che eppur permetterebbe l'uso del prefisso dottore.

Alla università Cusano si beano del fatto che numerosi parlamentari hanno ottenuto, loro tramite, una laurea; campione dei campioni l'attuale ministro dell'agricoltura e della sovranità alimentare onorevole Lollobrigida, eletto con Fratelli d'Italia e protagonista di uscite imbarazzanti che ha giustificato con le parole "non sono razzista, sono ignorante". Parole che destano perplessità.

Il problema della competenza diviene particolarmente significativo quando si parla della gestione di aziende partecipate italiane.

Ho frequentato l'università per corsi diversi, dal 1992 al 2007, riscontrando un abbassamento del livello della didattica impartita. Tanto che ho parcheggiato il mio prefisso dottore: conta più la competenza che dimostri di quella che vanti. Comunque chi si laureava aveva grande piacere nell'inserire nel c.v. voto, anno, corso studi, nome università e talvolta il titolo della tesi. Tuttora per esempio molti consiglieri di Leonardo Spa, una gigantesca partecipata dallo stato, infatti indicano questi dati nei cv allegati alla nomina.

Su 10 nominati, ben 9 specificano che competenza universitaria abbiano, dove, quanto, come. Tutti tranne uno. Un nominato, nome noto alle cronache, che scrive solo ”laurea magistrale in giurisprudenza” in coda al cv, dopo due pagine di curriculum professionale dove credo manchi la citazione del ruolo di chierichetto.

Una annotazione sul bordo del foglio, senza alcuna specifica di dove, quando, voto etc etc.

C'è una “cosa” dove in un anno ti erogano un titolo di ingegnere: servono qualche decina di mila euro, non migliaia di ore sui libri.

Non c'è più l'esame di stato: una pacchia.

A un ingegnere così non affiderei la manovra di parcheggio dell'auto, figurarsi la progettazione di un ponte.

Ma si dichiarano “dottore”.

Quale futuro attende l'italia e le sue imprese?

Ps: Per me fra l'altro c'è un tipo superiore di dottore, quello che ti salva la vita: questi mi fanno arrabbiare, pochezza e meschinità.

Redazione
© Riproduzione riservata
14/06/2023 19:55:26

Alessandro Ruzzi

Aretino doc, ha conseguito tre lauree universitarie in ambito economico-aziendale, con esperienza in decine di Paesi del mondo. Consulente direzionale e perito del Tribunale, attento osservatore del territorio aretino, ha cessato l'attività per motivi di salute, dedicandosi alla scrittura e lavorando gratuitamente per alcune testate giornalistiche nelle vesti di opinionista. alessandroruzzi@saturnonotizie.it


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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