Opinionisti Alessandro Ruzzi

Argomenti su cui non vorrei scrivere perché poi mi inviperisco e ci vado giù duro

Essere disabile, invalido o simili non è mai boccone ghiotto, anzi spesso amaro

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Talvolta è difficile condividere, la superficialità altrui e il dolore e l'impotenza travolgono; per questo è fondamentale che talune tematiche vengano fatte comprendere a quelli che si trovano ad occupare ruoli pubblici con appositi percorsi formativi.

Ma se essi non applicano quanto necessario occorre che questi si dimettano o vengano cacciati.

Perché essere disabile, invalido o simili non è mai boccone ghiotto, anzi spesso amaro.

Perché il disabile -inteso in senso ampio- ha il privilegio di comprendere (insieme a chi gli sta vicino o accompagna) quanto poco avvenga per semplificare la vita a chi ha difficoltà, gruppo sociale in crescita che comprende molti anziani e altri (più di quanti si creda) cittadini.

Perché poi mi immagino quali motivi spingano le istituzioni a raccontare frottole, specie quando si beano del nulla mentre bruciano risorse smisurate per accontentare elettori e/o superiori facendosi belli in iniziative ridicole per quanto costano.

Qui scrivo della accessibilità a eventi culturali comunali aretini e metto in luce un episodio vergognoso. Ho scritto in “Aceves, Arezzo è a cavallo” che la mostra per me non è accessibile.

L'ho scoperto andandoci, ma non credevo di venire sottoposto ad una umiliazione tanto dolorosa e scandalosa: essere trattato come uno scarto o una noia, impantanato nel ghiaione mentre gli altri -i normali- scodinzolavano appresso al loro mentore o guida.

Credevo di trovarmi come alla mostra Theimer: da solo non l'avrei vista (il Prato è piuttosto “ostile”), ma con uno spingitore adeguato ce l'avevo fatta. Macché!

Una premessa: se vi trovate ad assistere ad uno scambio di parole dove il direttore della fondazione cultura di Arezzo -guardandomi di sguincioni mentre sale per uno stretto varco nel tunnel della fortezza fra il muro e i manufatti artistici- mi dice “sì, forse lei con cotesta ce la fa” cui segue mia battuta sul fastidio che la mia carrozzina arreca, scegliete con cura il lato da sostenere.

Io tendo a reagire in malo modo quando chi si inserisce nel dialogo lo fa perché ha la bocca: mettersi in mezzo e dirmi “ma no, venga” significa aver perso una occasione per stare zitto. Dimostra che è inutile provare a spiegare all'intervenuto a quale bassezza ha assistito, non comprende perché (ed è bene così) non ha esperienza, diretta o prossima, della vita di un disabile. Che convive con chi parcheggia senza diritto o necessità negli stalli per disabili, tanto ci sta un minuto. O con chi ingombra marciapiedi o scivoli, tanto puoi passare sulla strada.

Un disabile non è un bambolotto e accessibilità mica significa “forse ce la fa”. No, significa un passaggio che teoricamente un invalido potrebbe effettuare in autonomia. Significa poter godere della visita. Altrimenti con quel “forse ce la fa ” vuoi mettere a disagio il disabile, farlo percepire un peso. Vale dire “sta a casa che è meglio”. Una insensibilità istituzionale che può far piangere e portare a rinchiudersi in casa. Io ancora ho l'energia per comunicare e far conoscere le situazioni. E lo faccio con durezza, per chi non ha possibilità di segnalarle.

L'amico zeppatore ha dato fondo alle sue energie per spingermi su per il budello, sconnesso e con una pendenza esagerata. Da qui che siamo arrivati a dove gli altri erano -ovvio, nessuno ha avuto la cortesia di aspettare il disabile incazzereccio-, era quasi il momento di fare dietrofront (nel budello) e tornare giù per andare verso la seconda installazione, l'apoteosi della in-accessibilità.

Tre opere sono sistemate a coprire la parte pavimentata, un normodotato può passare dal ghiaione circostante, una sedia a rotelle ci affonda. Il mio forzuto amico mi ha trascinato sulla carrozzina con grande sforzo per un paio di metri, in modo da permettermi una visione d'insieme dell'installazione. Il gruppo ha seguito Barbetti ed è scomparso oltre la ghiaia, io ero arenato. Spiaggiato.

Li ho visti passare sulle mura sopra di me, fastidioso addendo alla visita.

Tornato al corpo di guardia, ho incontrato il gruppo che aveva terminato il tour: ho fatto presente che il percorso non è accessibile ed ho chiesto a Barbetti di conoscere il costo di una mostra che non posso vedere. Risposta: “Ruzzi, mica vorrà che lo dica in pubblico...

Considerato che non ci siamo presentati, devo dire che la mia fama mi precede. Oppure..

Barbetti ha detto che il resto della visita era presso sant'Ignazio e si è avviato senza degnarmi di uno sguardo. Anzi no, è tornato indietro; io -benpensante- pensavo che mi volesse dire che si avviava con gli altri: no, mi ha detto che una disabile aveva recensito la mostra lodandola per la accessibilità.

Ho poi visto la recensione, incentrata sulla accessibilità alla fortezza e sottolinea l'ostacolo costituito dalla ghiaia; c'è una foto di disabile motorizzato che percorre in discesa il tunnel ove si trova la “cavalcata”, quella che Barbetti mi ha fatto percorrere in salita.

Delle altre installazioni non parla. Non evidenzia la piscina di ghiaia. Di sant'Ignazio non parla.

Ma parlo io della sala sant'Ignazio, una sede della galleria comunale: in cima a via Carducci, oltre il convitto, o ci vai in auto o sono cazzi, in carrozzina non c'arrivi, né da su o giù. Se sei foresto, muoversi in Ztl ha le difficoltà legate alle telecamere ed alle salate sanzioni. Il parcheggio disabili non c'è. Usata anche nelle edizioni di Icastica, quando la città era piena di installazioni.

Non c'è un bagno disabili, anzi ora che ci penso non c'è il bagno. Ma vadano a cacare!

Theimer fu allestito alla galleria in san Francesco: lì c'è l'ascensore e, meraviglia, il bagno.

Però Barbetti era informatissimo sulla recensione favorevole, ricordava il sito, nome da 4 parole.

Non si può valutare la mostra quale accessibile. Gli oggetti sono sistemati senza preoccuparsene.

Spazi inadeguati. Distanze e dislivelli. Manca un bagno. Non accessibile, parlate con osservatori indipendenti, architetti come Barbetti. Credo basti un familiare di disabile a dire che non ci siamo.

Perché spendere miei denari per non farmi visitare una mostra? Perché farmi/ci sfiancare?

Vuoi farmi sentire un pezzo di merda? Allora divento pezzo di merda.

Credo Barbetti sia una pessima scelta del sindaco: dimissioni o destituzione.

Aspetto risposta alla richiesta per scritto sui costi (l'ho inviata l'indomani, dopo giorni senza un segno di risposta ho girato la mail all'assessore alla cultura/sindaco).

Argomento del prossimo pezzo la iniziativa culturale del Comune sotto Ghinelli.

Redazione
© Riproduzione riservata
30/07/2018 09:38:13

Alessandro Ruzzi

Aretino doc, ha conseguito tre lauree universitarie in ambito economico-aziendale, con esperienza in decine di Paesi del mondo. Consulente direzionale e perito del Tribunale, attento osservatore del territorio aretino, ha cessato l'attività per motivi di salute, dedicandosi alla scrittura e lavorando gratuitamente per alcune testate giornalistiche nelle vesti di opinionista. alessandroruzzi@saturnonotizie.it


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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